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Francisco de Vitoria.

Teologo, filosofo e giurista domenicano spagnolo. Recatosi a Parigi, vi completò gli studi e insegnò successivamente nel convento parigino di San Giacomo (1516). Baccelliere alla Sorbona nel 1517, nel 1522 divenne dottore e, ritornato in Spagna, insegnò a Valladolid. Nel 1526 vinse una cattedra di teologia a Salamanca dove insegnò sino al 1546, affermandosi come uno dei massimi rappresentanti della Seconda scolastica, dando un notevole contributo alla rinascita degli studi teologici nella penisola iberica, svolgendo inoltre un'opera cospicua nel campo del diritto internazionale, di cui fu uno dei fondatori. Al suo insegnamento si ricollegano i grandi teologi spagnoli della seconda metà del XVI sec., alcuni dei quali furono suoi allievi, tra cui Melchor Cano e Domenico Soto. Il suo pensiero riflette in buona parte l'atteggiamento umanistico di Erasmo da Rotterdam, del quale era stato un grande ammiratore prima che l'avanzata della Riforma protestante rendesse sospetti gli scritti del teologo olandese, inducendo l'Inquisizione a perseguitare gli erasmiani spagnoli. A lui va il merito di aver avviato il processo di rinascita degli studi teologici nelle università spagnole e soprattutto in quella di Salamanca. I suoi discepoli ripresero le teorie politiche tomiste e in seguito al trasferimento di molti di essi nelle università di Lovanio, Alcalà, Coimbra e nei collegi romani, il neotomismo si diffuse nel mondo ecclesiastico e anche tra i laici. La sua attività teorica ebbe ripercussioni anche sull'azione missionaria. Egli difese energicamente i diritti degli indigeni pagani, richiamandosi alla legge naturale. Ammise la colonizzazione, basandosi sulla teoria dell'unità della razza umana e del suo senso naturale di socialità. Questo principio, tuttavia, negando la separazione delle razze, obbligava i colonizzatori a dividere con gli indigeni la fede, cosicché le missioni tendevano a legittimare l'imperialismo. F. de V. comunque insisteva nell'affermare che l'unico diritto valido alla sovranità (dominium) nelle terre del Nuovo Mondo poteva fondarsi solo sull'effettiva occupazione di un territorio precedentemente libero. Quanto alla proibizione del commercio, nessuno aveva il diritto di ordinarla, poiché, secondo le leggi naturali e lo jus gentium, il commercio era dunque libero. Affermando questo egli non faceva che aderire alla posizione dei giuristi del tardo Medioevo. Tra le opere: Relectiones Theologicae (1557-1587); Confessionario (1562); Summa Sacramentorum Ecclesiae (1562). Dedicò alla teoria del diritto internazionale i corsi tenuti all'università di Salamanca nel 1538-39, intitolati: De jure belli e De Indis (Vitoria, Paesi Baschi 1492 - Salamanca 1546).